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Biofortificazione agronomica: guida per orticole più nutrienti

Con la fertilizzazione, la gestione del suolo e l'irrigazione si può migliorare il valore nutrizionale delle coltivazioni, per renderle più ricche di micronutrienti e sostenibili

Biofortificazione agronomica: guida per orticole più nutrienti - le news di Fertilgest sui fertilizzanti

Gli ortaggi a foglia sono tra i target principali della biofortificazione perché è più semplice calibrare i nutrienti in una sola porzione (Foto di archivio)

Fonte immagine: AgroNotizie®

Dalla patata, cipolla e carota arricchite di iodio e selenio, al fagiolino e spinacio potenziati con silicio, fino alla bietola a ridotto contenuto in potassio: questi sono solo alcuni degli esempi di piante migliorate con la biofortificazione.

 

La biofortificazione è un processo che consente di migliorare le caratteristiche nutritive di un'intera pianta o di una porzione di essa, incrementando i fattori nutrizionali organici e/o minerali oppure riducendo i fattori anti nutrizionali.
Si applica tramite tre strategie, eventualmente complementari: miglioramento genetico tradizionale, ingegneria genetica e tecniche agronomiche.

 

In particolare, la strategia agronomica si basa sulla fertilizzazione per via fogliare e/o radicale, e quindi ha dinamiche molto diverse dagli altri due approcci. I vantaggi e i limiti di tale approccio sono connessi all'obiettivo di biofortificare una pianta solamente durante il suo ciclo colturale

 

Per capire meglio come funziona la biofortificazione agronomica AgroNotizie®, in collaborazione con la Società di Ortoflorofrutticoltura Italiana, ha intervistato Annalisa Somma, assegnista i ricerca presso l'Università di Bari 'Aldo Moro' e Massimiliano D'imperio, ricercatore presso l'Ispa-Cnr di Bari.

 

La Società di Ortoflorofrutticoltura Italiana si adopera per sviluppare la cooperazione scientifica e tecnica tra il mondo della ricerca, gli imprenditori ed i professionisti del settore ortoflorofrutticolo interessando con le sue azioni ed attività un ampio settore dell'agricoltura che include le colture arboree da frutto e da legno, le piante ortive, le colture floricole, le piante ornamentali, il vivaismo, i tappeti erbosi e la gestione del paesaggio e la tutela degli spazi a verde, con il fine ultimo di favorirne il progresso e la diffusione.

 

Biofortificazione agronomica: istruzioni per l'uso

Come scritto in precedenza l'approccio agronomico, con la fertilizzazione, ha l'obiettivo di migliorare la qualità nutritiva di una pianta nel corso del suo ciclo colturale. Per l'agricoltore risulta quindi molto più agevole in termini di tempo, gestione e costi rispetto agli approcci che utilizzano la genetica.

 

Per implementare con successo la biofortificazione bisogna comunque valutare attentamente i diversi aspetti legati alla gestione aziendale: dalla fattibilità economica alla disposizione di strutture adeguate, fino all'acquisizione delle competenze tecniche e all'individuazione della domanda e dei canali di distribuzione. 

 

Vediamo nel dettaglio alcuni di questi aspetti per poter massimizzare i risultati.

 

Fertilizzazione e strategie per apportare i micronutrienti

Per ottenere un adeguato miglioramento nutraceutico è bene che il fertilizzante usato sia ricco dei micronutrienti di interesse.

 

Ogni microelemento ha caratteristiche chimico-fisiche proprie, che determinano il tipo di concime e la sua modalità di somministrazione. Quest'ultima può avvenire per via fogliare e/o radicale. 

 

"Diversi fertilizzanti si sono dimostrati efficaci nel migliorare il contenuto di micronutrienti negli ortaggi" spiega Massimiliano D'Imperio, dottorando presso l'Ispa-Cnr di Bari. 

 

Per lo zinco vengono ampiamente utilizzati il solfato e i chelati di zinco per aumentare la disponibilità di questo elemento negli ortaggi a foglia e/o a frutto (ad esempio il fagiolino). Per il ferro i prodotti più comuni sono il solfato ferroso e i chelati come l'acido etilendiamminotetraacetico, più noto come Edta; mentre per il selenio vengono frequentemente impiegati selenato e selenito di sodio.
Per lo iodio invece, un elemento generalmente assente nei piani di fertilizzazione convenzionali, si possono utilizzare due forme principali: iodato di potassio (KIO3) e ioduro di potassio (KI).

 

Da considerare anche le concentrazioni degli elementi. Annalisa Somma, ricercatrice presso l'Università di Bari 'Aldo Moro', infatti dice: "Quando sono disponibili diversi sali e formulati dello stesso elemento alcuni di essi sono più facilmente assorbiti dalla pianta. Mentre alcuni possono causare fenomeni di fitotossicità, anche a concentrazioni minori rispetto ad altri".

 

Il tipo di somministrazione poi, che può essere o per via radicale o per via fogliare, può incidere sensibilmente sulla qualità dell'orticola biofortificata. Ne è un esempio la carota di Polignano: per questo ecotipo locale entrambe le modalità di somministrazione permettono di ottenere un prodotto biofortificato. Ma la somministrazione radicale risulta spesso più efficace, consentendo un maggiore accumulo di iodio nella porzione edibile.

 

Inoltre, per fare in modo che i microelementi vengano correttamente assorbiti dalla coltura l'agricoltore può usare additivi organici nei substrati di coltivazione. Come, ad esempio, i residui di Posidonia oceanica che sono naturalmente ricchi di iodio: "L'aggiunta di residui di Posidonia oceanica ai substrati ha consentito la produzione di microgreens, come rucola e cima di rapa, biofortificati in iodio. Evitando così l'uso di fertilizzanti chimici e riducendo il consumo di torba con evidenti benefici per la sostenibilità ambientale" continua D'Imperio.

 

In futuro per implementare ulteriormente la biofortificazione si potrebbero usare i nanofertilizzanti, per il rilascio controllato degli elementi minerali in base alle reali esigenze dell'orticola.

 

Pieno campo e ambiente protetto: differenze e prospettive

Oltre alla scelta del fertilizzante è bene considerare l'ambiente di coltivazione e i numerosi fattori ambientali che lo caratterizzano.

 

In pieno campo le condizioni pedoclimatiche dell'areale possono influenzare positivamente o negativamente la biofortificazione agronomica: "Per la fertilizzazione radicale le caratteristiche chimico fisiche, la sostanza organica e l'attività microbiologica del suolo giocano un ruolo fondamentale sulla disponibilità e l'assorbimento del minerale somministrato." - spiega Somma - "Mentre la fertilizzazione fogliare è molto influenzata dagli agenti atmosferici"

 

Nella coltivazione protetta invece, la presenza o l'assenza di un substrato e la sua natura (organica o inorganica), possono influenzare in modo significativo l'assorbimento dei nutrienti oggetto della biofortificazione.

 

Per esempio, prove sperimentali condotte sulla rucola, utilizzando sia il sistema floating sia la coltivazione in vaso, hanno evidenziato differenze significative nel contenuto di zinco. Queste differenze possono essere attribuite al tipo di substrato utilizzato, che in alcuni casi sembra ostacolare l'efficacia del processo di biofortificazione. 

 
La fertilizzazione associata alla coltivazione protette comunque apre notevoli prospettive per la produzione di ortaggi destinati a specifiche esigenze nutrizionali. Inoltre, la coltivazione protetta, soprattutto idroponica, può semplificare la complessa interazione genotipo-ambiente tipica del pieno campo.

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Irrigazione, luce e suolo: come influenzano la nutrizione

Per massimizzare i risultati della strategia agronomica è consigliato da Somma optare anche per un sistema di irrigazione mirato: "Un aspetto importante è quello della somministrazione localizzata e sito-specifica, che può essere radicale o fogliare, a seconda del minerale e dell'organo bersaglio della biofortificazione".
In caso di elementi poco mobili è più opportuno optare per una fertirrigazione fogliare; mentre per elementi con mobilità xilematica è più opportuna quella radicale. 

 

La gestione del suolo poi, in particolare del pH e dell'umidità, può ottimizzare sia la disponibilità sia l'assorbimento dei micronutrienti. Sotto serra, per esempio, si possono impiegare substrati innovativi per supportare la nutrizione vegetale.

 

Ma anche la luce ha un suo ruolo: "Il prossimo passo nel settore della biofortificazione delle specie orticole in ambiente protetto sarà l'uso di luci supplementari capaci di modulare la sintesi di composti di interesse nutrizionale." - entra nel dettaglio D'Imperio - "Il principio alla base di questa innovazione risiede nella capacità di specifiche lunghezze d'onda della luce, ad esempio rossa e blu, di influenzare i processi metabolici delle piante. Questi processi regolano la produzione di sostanze bioattive come vitamine, polifenoli, antiossidanti e altri nutrienti benefici per la salute umana".

 

In sintesi, l'applicazione di luci supplementari con lampade a led rappresenta un'evoluzione promettente e sostenibile, in grado di rispondere alla crescente domanda di alimenti più sani e ricchi di nutrienti.

 

Altre pratiche agronomiche che possono contribuire direttamente o indirettamente alla biofortificazione sono il nutri priming, cioè trattamenti al seme che ottimizzano l'assorbimento degli elementi minerali, e i Plant Growth Promoting Rhizobacteria (Pgpr).

 

Ortaggi (e non solo) biofortificati

La biofortificazione agronomica è stata applicata con successo a diverse specie orticole, sviluppando protocolli specifici per l'arricchimento con silicio, iodio, calcio, boro e zinco.

 

Si sono prodotte baby leaf di bietola, basilico, cicoria e portulaca arricchite di silicio. Per questo micronutriente è stato possibile anche potenziare il fagiolino come orticola da frutto. Oppure per lo iodio si sono migliorate alcune Brassicaceae quali cavolo nero, senape, mizuna e mignoli; inoltre si sono potuti ottenere microgreens di cima di rapa, mizuna, ravanello, pisello, rucola e bietola. Infine per zinco e boro si può biofortificare la portulaca.

 

"Negli ultimi anni ci siamo orientati anche verso la produzione di ortaggi calibrati per specifiche esigenze nutrizionali, come quelli a foglia con un contenuto ridotto di potassio, pensati per soggetti con patologie renali che richiedono una dieta controllata. - continua D'Imperio - Le specie a foglia rappresentano il principale target della biofortificazione, poiché è generalmente più semplice modulare e calibrare il contenuto di nutrienti in tale porzione"

 

Ma non solo orticole, perché anche le cerealicole quali frumento, riso e mais si possono biofortificare per nutrienti come ferro e zinco.

 

Vantaggi e sfide

"L'approccio agronomico è versatile e può essere facilmente esteso a tutte le colture di interesse alimentare e ad elementi essenziali o benefici per la salute umana. - afferma Somma - Quindi, può contribuire non solo alla sicurezza alimentare ma, in senso lato, anche alla produzione di alimenti "su misura" per specifiche esigenze di dieta legate a condizioni mediche, per ottenere prodotti ad elevato valore di nutrizionale o di nicchia nel mercato".

 

Tuttavia per la temporaneità del risultato è necessario acquistare i fertilizzanti o sali impiegati, che non sono sempre disponibili o economicamente accessibili in tutte le parti del mondo. Inoltre, come spiegato qualche paragrafo sopra il risultato è strettamente influenzato dal complesso sistema di interazioni tra pianta, ambiente, fertilizzante e tecnica agronomica. Quindi non è sempre standardizzabile e richiede una conoscenza approfondita da parte dell'operatore agricolo.

 

Infine, uno dei limiti principali della biofortificazione agronomica è la sua scarsa efficacia nell'aumentare la concentrazione di nutrienti organici, come le vitamine, rispetto ai nutrienti minerali.

 

Effetti sul consumatore finale

"Il consumatore avrà a disposizione una scelta più ampia di prodotti. Questi posseggono non solo il valore aggiunto della biofortificazione, ma anche tutti i vantaggi di essere di origine vegetale, rispetto a prodotti trasformati o agli integratori alimentari per sopperire al soddisfacimento del fabbisogno giornaliero di micronutrienti" conclude Annalisa Somma.

 

Dal punto di vista economico questa tipologia di prodotti potrebbero avere un costo leggermente superiore, rispetto ai prodotti convenzionali, per via degli investimenti iniziali necessari per implementare le tecniche agronomiche di biofortificazione. Tuttavia, va considerato che i costi di queste pratiche sono spesso contenuti, soprattutto se confrontati con quelli delle tecniche di miglioramento genetico, che possono essere più costose e richiedere più tempo.

 

"Nonostante il possibile aumento del prezzo iniziale, questo costo aggiuntivo è spesso ampiamente compensato dai benefici complessivi. Se si considerano infatti le potenziali riduzioni delle spese sanitarie, dovute alla diminuzione delle malattie legate a carenze nutrizionali, i vantaggi per la salute pubblica diventano evidenti" conclude Massimiliano D'Imperio.

 

In sintesi, è vero che i prodotti biofortificati comportano un lieve aumento dei costi iniziali ma sono prodotti che suscitano l'apprezzamento da parte dei consumatori. Inoltre, i benefici sulla salute e le possibili riduzioni dei costi sanitari, sia a livello individuale che collettivo, rappresentano un valore aggiunto che giustifica l'investimento.

 


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Con lo scopo di migliorare l'efficacia nella divulgazione di dati e risultati di ricerche in ambito agrario, nasce l'accordo tra Soi e Image Line®. In quest'ottica verranno realizzati articoli, approfondimenti e interviste mensili legati alla coltivazione delle piante, dagli alberi da frutto agli ortaggi fino alle colture estensive.

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