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I biostimolanti da digestato: una risorsa rinnovabile non ancora sfruttata

Tendenzialmente portano benefici alle colture, ma è difficile calcolare i dosaggi ottimali. A cura di Mario A. Rosato

I biostimolanti da digestato: una risorsa rinnovabile non ancora sfruttata - le news di Fertilgest sui fertilizzanti

I biostimolanti possono avere diversi effetti fisiologici sulle piante, a seconda di come e della quantità in cui vengono applicati (Foto di archivio)

Fonte immagine: © Dipo - Adobe Stock

La definizione di biostimolanti vegetali, secondo l'European Biostimulants Industry Council (Ebic), è: "Materiali che contengono sostanze e/o microrganismi i quali, quando applicati alle piante oppure alla rizosfera, hanno la capacità di stimolare i processi naturali per migliorare/beneficiare l'assorbimento dei nutrienti, aumentare l'efficienza dei nutrienti, promuovere la tolleranza allo stress abiotico e/o migliorare la qualità del raccolto, indipendentemente dal loro contenuto di nutrienti. I biostimolanti non hanno azione diretta contro i parassiti e quindi non rientrano nella normativa quadro dei pesticidi".

 

I biostimolanti possono avere diversi effetti fisiologici sulle piante, a seconda di come e della quantità in cui vengono applicati (1):

  • Sui frutti stimolano la fruttificazione, aumentano le dimensioni e la qualità.
  • Sulle radici promuovono la crescita delle radici giovani e la formazione di radici dalle talee.
  • Sulle sementi accelerano la germinazione, mitigano lo stress da trapianto, aumentano il tasso di germinazione.
  • Sulla pianta nel suo complesso promuovono la crescita e l'accumulo di biomassa, migliorano la risposta agli stress abiotici (siccità, salinità, evapotraspirazione), migliorano l'efficienza di assorbimento di acqua e nutrienti.
  • Sui fiori stimolano la fioritura.
  • Sul suolo migliorano le proprietà fisico chimiche, mitigano la salinità, aumentano la capacità di campo, promuovono lo sviluppo di microrganismi benefici.

 

Uno studio dell'Università di Wageningen (2) esprime però alcuni dubbi sulle informazioni disponibili sui biostimolanti:

  • La maggior parte delle informazioni proviene da prove condotte dai produttori di biostimolanti o dagli istituti pagati dai primi.
  • Molta dell'informazione pubblicata nella letteratura scientifica proviene da prove realizzate in vasche e camere di crescita, quindi risulta difficilmente estrapolabile alle colture in pieno campo.
  • I risultati delle sperimentazioni con biostimolanti in pieno campo sono estremamente variabili, talvolta non si osserva alcun effetto e in alcuni casi sono stati riscontrati perfino effetti negativi.
  • I ricercatori olandesi propongono il seguente calcolo come critica: un terreno sabbioso nei Paesi Bassi avente il 5% di sostanza organica del suolo contiene 5 grammi di sostanze umiche per chilogrammo di terreno. Se si considera un orizzonte di 0,25 metri e una densità del suolo di 1,6 chilogrammi/litro, risulta che per ogni m2 di terreno sono presenti nell'orizzonte 2 chilogrammi di sostanze umiche (250 litri x 1,6 chilogrammi/litro x 5 grammi/chilogrammo). Applicando la dose consigliata dal produttore di biostimolanti, pari a 8 chilogrammi di acidi umici per ettaro, si ottengono 0,0008 chilogrammi/m2. Questo è circa lo 0,04% del contenuto di acidi umici già presenti nel terreno. I ricercatori olandesi si domandano quale effetto possa avere un dosaggio così basso, quindi mettono in dubbio l'efficacia dei prodotti umici.
    Dal canto nostro, potremmo opporre una contro critica: con un tale livello iniziale di materia organica come quello preso in esame, difficilmente si può incrementare ulteriormente la produttività vegetale. Va solo aggiunta periodicamente più materia organica - letame, compost, torba, eccetera - per ripristinare quella che si perde per la naturale respirazione del suolo indotta dalle lavorazioni. Nello stesso studio, sono riportati alcuni esempi da letteratura, con risultati positivi e negativi. Ai ricercatori olandesi sembra essere sfuggito un particolare: i casi nei quali i risultati positivi sono più eclatanti corrispondono a prove condotte in ambienti semidesertici - Egitto, India, Iran - e quelli che hanno dato risultati più modesti corrispondono a prove condotte in Belgio, Paese umido e dai terreni tendenzialmente carichi di materia organica. Il caso che ha dato effetto negativo (-20% di produzione, ma con maggiore qualità dei frutti) corrisponde ad una coltivazione di fragole in pieno campo in Italia, con applicazione di sostanze umiche a livello fogliare. Sembrerebbe che la concentrazione di sostanze umiche che massimizza gli effetti sulla crescita delle piante - almeno su suoli argillosi del Pakistan - sia di soli 60 milligrammi/chilogrammo di suolo (3), quindi tutto ciò che sia in eccesso non comporta miglioramenti ulteriori.

 

I biostimolanti sono molecole molto complesse appartenenti a tre tipi: acidi umici, acidi fulvici e sostanze umiche. A livello commerciale vengono prodotti sottoponendo torba, lignite (un tipo di torba semifosilizzata) o leonardite (depositi geologici di lignite umificata) ad un processo di lisciviazione con idrossido di potassio. Si ottiene dunque un prodotto liquido utilizzabile tale quale come fertilizzante-ammendante, il quale contiene umato e fulvato di potassio. Aggiungendo un acido forte, ad esempio acido fosforico, l'umato di potassio ridiventa acido umico e precipita perché insolubile. Si ottengono due prodotti: l'umato in stato granulare, da applicare al terreno, e un liquido ricco di acido fulvico e fosfato di potassio, utilizzabile come fertilizzante PK (o NK, o NPK a seconda degli acidi utilizzati) e biostimolante. Poiché la torba e la lignite sono serbatoi di carbonio, la loro estrazione comporta emissioni di anidride carbonica.

 

È dunque aumentato l'interesse per l'estrazione di sostanze umiche da fonti rinnovabili e in un'ottica di economia circolare la scelta ricade su compost e digestato. Le sostanze umiche sono i principali costituenti organici del digestato liquido e dei fanghi, potendo raggiungere il 26-28% della materia organica totale di questi ultimi. Esistono due teorie sulla formazione delle sostanze umiche nel digestato.

 

La prima è detta "teoria della lignina": le sostanze umiche sono sintetizzate da precursori originati dalla lignina. In altre parole, la lignina è la materia prima e la sua degradazione parziale può formare porzioni fenoliche e chinoniche che possono fungere da precursori delle sostanze umiche. Tale processo non produce quantità apprezzabili di biogas e avverrebbe nelle vasche di stoccaggio del digestato, richiedendo almeno settanta giorni e raggiungendo la massima concentrazione di sostanze umiche oltre i duecento giorni di maturazione. Tuttavia, si osserva la presenza di sostanze umiche anche nel digestato da fanghi fognari, nei quali non c'è ovviamente alcuna traccia di lignina. Da qui nasce la seconda teoria, detta "teoria dei polifenoli": le sostanze umiche sono i prodotti di condensazione di molte piccole molecole, come polisaccaridi e proteine e avviene durante il processo di estrazione. Sarebbe dunque l'aggiunta di una base forte (soda caustica o idrossido di potassio) che innescherebbe la formazione delle sostanze umiche a partire da proteine e amminoacidi (la biomassa batterica dei fanghi), a prescindere dalla presenza o meno di lignina (4).

 

Il digestato è più interessante del compost come materia prima per la produzione di sostanze umiche perché consente di ricavare prodotti ammendanti e fertilizzanti più ricchi di N, P, K e micronutrienti, atti per svariati scopi.

 

Vediamo alcuni esempi:

  • Le sostanze umiche estratte dalla frazione solida del digestato sono state adsorbite su nanoparticelle di idrossiapatite (fosfato di calcio) prodotte mediante aggiunta di calce alla frazione liquida, e su nanoparticelle di ossido di silicio (quarzo) estratte dalla pula di riso mediante trattamento termico im medio acido. L'idrossiapatite si è rivelata più promettente in quanto di per sé è un fertilizzante fosfatico a lento rilascio e l'incapsulamento con le sostanze umiche ne migliora le qualità agronomiche (5).
  • Sostanze umiche estratte da sei diversi digestati sono state utilizzate per la biostimolazione delle colture idroponiche di lattuga (Lactuca sativa). Previamente, era stato eseguito uno studio per determinare il dosaggio degli estratti di due digestati (da fanghi di depurazione e letame) comparati con un prodotto commerciale di sostanze umiche estratte da leonardite. Si erano ottenuti incrementi di biomassa compresi fra il 7% e il 10%, ma con estrema variabilità dei risultati. Nella seconda prova, l'applicazione degli estratti dal digestato ha ottenuto risultati statisticamente migliori rispetto al riferimento commerciale (6).
  • In uno studio condotto a Cuba (7), la caratterizzazione fisico chimica delle sostanze umiche estratte da digestato agricolo ha evidenziato l'alto potenziale fertilizzante grazie al loro contenuto di N, P, K e micronutrienti. Tuttavia, le proporzioni di N-P-K in entrambi i campioni di sostanze umiche erano ampiamente variabili. I micronutrienti erano al di sotto dei limiti raccomandati per le concentrazioni di elementi potenzialmente tossici. In conclusione, è emerso che le sostanze umiche ottenute dal digestato anaerobico presentano differenze sostanziali rispetto ai prodotti commerciali ottenuti da fonti semifossili: tenori più alti di N, P e K, ed un minore livello di ossidazione. La sfida per rendere gli estratti da digestato competitivi rispetto a quelli da fonti non rinnovabili sta nel riuscire a ottenere un prodotto con caratteristiche fisico chimiche più uniformi.
  • Uno studio cinese (8) presenta un metodo alternativo per processare digestato contenente 10% di sostanza secca. Il metodo si basa sull'applicazione simultanea di calore, agitazione meccanica e una base forte (soda caustica). Il prodotto così ottenuto viene sottoposto a centrifugazione per separare la frazione più grossolana, ricavando un fertilizzante-biostimolante liquido. La combinazione che ha dato i migliori risultati è di 120°C, pH = 12 e mantenimento in agitazione per sessanta minuti. In questo caso, il fertilizzante liquido ottenuto contiene 2,7 grammi/litro di C in forma di sostanze umiche, 339 milligrammi/litro di NH4+, 947 milligrammi/litro di PO43- e 17 milligrammi/litro di K. L'applicazione di questo fertilizzante ad una coltura di riso ha prodotto un 133% di aumento nella produttività di biomassa, con steli del 167% più altri rispetto al controllo. Malgrado il digestato provenisse da fanghi fognari, il contenuto di metalli pesanti nel biostimolante è risultato ampiamente sotto i limiti massimi consentiti. Poiché le concentrazioni di N, P e K sono state più o meno dello stesso ordine in tutti i casi, i ricercatori considerano che il motivo della maggiore crescita del riso nel test a 120°C e pH = 12 sia da imputare al maggior contenuto di sostanze umiche, che avrebbero un effetto simile a quello degli ormoni della crescita.

 

Benché esiste ampia evidenza dei benefici dell'applicazione di sostanze umiche alle colture, e in particolare delle sostanze umiche estratte da digestati, il problema che ne limita la loro diffusione è la difficoltà di dosaggio. Sembra impossibile un approccio "tabellare" perché i risultati dipendono dalla combinazione fra coltura, tipo di suolo, materia prima dalla quale si ricava il biostimolante e metodo utilizzato per la produzione di quest'ultimo.  Si rende dunque necessario testare caso per caso i prodotti su piccoli appezzamenti prima di decidere la loro applicazione alla totalità della Superficie Agricola Utilizzata (Sau).

 

Bibliografia

(1) Povero G, Mejia JF, Di Tommaso D, Piaggesi A and Warrior P (2016) A systematic approach to discover and characterize natural plant biostimulants. Front. Plant Sci. 7:435. doi: 10.3389/fpls.2016.00435.

(2) Gollenbeek L.R., R. Van der Weide, 2020, Prospects for humic acid products from digestate in the Netherlands, Wageningen Research.

(3) Tahir MM, Khurshid M, Khan MZ, Abbasi MK, Kazmi MH. Lignite-derived humic acid effect on growth of wheat plants in different soils. Pedosphere. 2011;21:124-131.

(4) Jorobekova, Sharipa, and Kamila Kydralieva. 2019. "Plant Growth Biostimulants from By-Products of Anaerobic Digestion of Organic Substances". Organic Fertilizers - History, Production and Applications. IntechOpen.

(5) Giordana A, Malandrino M, Zambon A, Lusvardi G, Operti L and Cerrato G (2023), Biostimulants derived from organic urban wastes and biomasses: An innovative approach. Front. Chem. 11:969865. Visitare anche questa pagina per maggiori informazioni.

(6) Felipe Guilayn, M Benbrahim, M Rouez, M Crest, Dominique Patureau, et al.. Digestate soluble organic matter extracts versus commercial humic substances for biostimulation of hydroponic systems. 16th IWA World Conference on Anaerobic Digestion, Jun 2019, Delft, Netherlands. pp.1-4, ff10.15454/3n40-0g03ff. ffhal-03360094f.

(7) Yanelis Avilés-Tamayo, Yans Guardia-Puebla, Làzaro Valdes-Izaguirre, Quirino Aria, Raul Lopez, Gert Morscheck, Bettina Eichler-Lobermann; Comparative characterization of humic substances obtained from anaerobic digestate of horticultural residues. Tropentag, September 14-16, 2022, hybrid conference "Can agroecological farming feed the world? Farmers' and academia's views".

(8) Zhengliang Du, Peipei Zhao, Qinglong Fu, Qiandi Wang, Aibin Hu, Weijun Zhang, Dongsheng Wang, Biostimulants in dissolved organic matters recovered from anaerobic digestion sludge with alkali-hydrothermal treatment: Nontarget identification by ultrahigh-resolution mass spectrometry, Environment International, Volume 173, 2023, 107813, ISSN 0160-4120.

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