Melo

Classificazione coltura: Fruttiferi > Pomacee
Melo - Coltivazione e fertilizzanti consigliati - Colture - Fertilgest
Classificazione botanica
Famiglia: Rosacee
Genere: Malus
SpecieMalus domestica Mill.
Il melo (Malus domestica Mill.), della famiglia delle Rosacee, è originario di una zona sud caucasica. In Italia la produzione è concentrata nel Nord: il 70% della produzione proviene  infatti da Trentino-Alto Adige (45%), Emilia-Romagna (15%) e Veneto (10%). Il restante 30% della produzione viene fatta in Piemonte, Lombardia, Umbria e Campania.
Il melo è una pianta di dimensioni medio-elevate che può raggiungere un'altezza anche di 8-10 metri. Le moderne coltivazioni si avvalgono di portainnesti nanizzanti e le forme di allevamento sono a filare, con densità intense o semi intense fra 1.500 – 4.000 piante per ettaro.
Le varietà sono tantissime, per praticità sono divise in gruppi e sono: Golden Delicius, Delicius Red, Gala, Jonagold, Pink lady, Stayman, Fuji, ecc..
È molto resistente al freddo (fino a -25°C, con qualche eccezione), ma in funzione dell’epoca di fioritura può essere sensibile a gelate tardive. Sopporta bene la presenza di calcare se il terreno è ben drenato e si adatta a vari terreni.

 

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È fondamentale conoscere le asportazioni e le esigenze nutrizionali del melo per redigere al meglio un corretto piano di concimazione. La pianta di melo assorbe principalmente potassio (K) e calcio (Ca) e, in misura leggermente inferiore, azoto (N) e fosforo (P). 
La percentuale di nutrienti ripartita verso le foglie e quindi restituita al suolo con la filloptosi naturale risulta massima (50%) nel caso del calcio, seguito dal magnesio (Mg, 39%), dal potassio (34%), mentre i frutti asportano un’elevata frazione di potassio e relativamente meno di fosforo, magnesio e azoto. 
Tali valori sperimentali permettono di definire gli apporti di nutrienti, considerando che solo gli elementi minerali presenti nel frutto e quelli fissati nello scheletro sono realmente asportati dalla coltura, mentre quelli presenti nelle foglie e nel legno di potatura ritornano in gran parte al terreno ogni anno.
La produzione di mele è molto variabile, si possono raggiungere e superare le 50 ton/ha, soprattutto per le colture con sesto di impianto intensivo. La media oscilla tra le 20-40 ton/ha.
 
L’azoto è l’elemento nutritivo che determina la vigoria e la spinta vegetativa della pianta. Alle giuste dosi di apporti esso consente di ottenere produzioni di elevato profilo quanti-qualitativo.
Nel terreno, il valore analitico dell’azoto totale si trova per la maggior parte (97-98%) come sostanza organica e non risulta disponibile alle piante se non dopo il processo di mineralizzazione. Il restante 2-3% si trova invece in forma minerale (maggioranza in forma ammoniacale trattenuta dalla C.S.C. del terreno) e disponibile alla coltura.
L’azoto va distribuito in modo frazionato, magari in fertirrigazione, soprattutto per nuovi impianti e/o in terreni sciolti e sabbiosi.
Evitare le concimazioni tardive nel periodo estivo, perché possono peggiorare la qualità della produzione e prolungare la fase vegetativa in autunno, rendendo le piante più sensibili ai freddi precoci.
Il fosforo è un elemento che risulta poco disponibile e spesso è presente in quantità elevate nei terreni. La limitata disponibilità per le colture è dovuta al fatto che il fosforo tende ad immobilizzarsi nel terreno a causa principalmente della sua reazione come fosfato con il calcio.
È assolutamente necessario avere a disposizione un’analisi del terreno aggiornata al fine di stabilire la effettiva dotazione e disponibilità dell’elemento, e solo in caso di bassa disponibilità provvedere al suo apporto.
Il P nel terreno è poco mobile, la sua somministrazione va effettuata prima dell’impianto come concimazione di fondo. Durante la coltivazione, in particolare se siamo in presenza di situazioni di carenze, il P dovrà essere distribuito precocemente in autunno o dopo la ripresa vegetativa in fertirrigazione con concimi fosfatici solubili.
Il potassio è caratterizzato da un’elevata mobilità nelle piante a tutti i livelli: cellulare, istologico e nel trasporto a lunga distanza via xilema e floema. È inoltre estremamente importante nella traslocazione dei fotosintetati. In questo senso, la presenza del potassio condiziona l’accrescimento del frutto e le sue caratteristiche organolettiche influenzando l’equilibrio acidi/zuccheri e la colorazione dell’epicarpo. Un elevato rapporto K/Ca influenza negativamente la durezza del frutto e le sue caratteristiche di conservabilità.
In caso di carenza, esso dovrà essere integrato con concimazioni autunnali con solfato di potassio (K2SO4) o in primavera in terreni sabbiosi. Se si dispone di un impianto di fertirrigazione, una parte del potassio si può apportare con concimi potassici solubili come il nitrato di potassio (KNO3).
 
Il calcio (Ca) svolge un importante ruolo nello sviluppo della pianta in quanto regola numerose funzioni cellulari e conferisce resistenza alla parete cellulare attraverso legami con le pectine della lamella mediana.
Il calcio è un elemento molto importante per la qualità dei frutti: migliora la consistenza della polpa e riduce la suscettibilità a diverse fisiopatie come la butteratura amara.
Gli apporti di calcio, per la limitatissima mobilità di questo elemento nel terreno, sono consigliati come concimazioni pre-impianto. Durante gli anni di produzione si cerca di favorire l’assorbimento del calcio soprattutto durante le prime 4-6 settimane dalla fioritura quando, in seguito alla maggiore attività traspiratoria, si evidenzia un maggiore accumulo dell’elemento nel frutto. Durante le prime 4-6 settimane dopo la fioritura, è consigliato evitare o ridurre l’apporto di nutrienti come NH4+, K+ e Mg2+ che possano limitare l’assorbimento del Ca2+ a livello dell’apparato radicale mentre, per migliorare la traslocazione del calcio nei frutti attraverso il flusso xilematico, è necessario ridurre la competizione con i germogli controllandone la vigoria vegetativa. Un rapporto foglie/frutti troppo alto tende a favorire le dimensioni del frutto e quindi una diluizione di calcio nel frutto stesso riducendone la concentrazione.

 
Il magnesio svolge un ruolo importante nell’attivazione di enzimi coinvolti nella respirazione, nella fotosintesi e nella sintesi di DNA ed RNA.
Una forte disponibilità di potassio nel terreno può determinare carenze di magnesio nelle foglie; si rende quindi necessario prestare attenzione alle concimazioni potassiche e, in caso di elevate produzioni, viene consigliato di apportare questo elemento al terreno (magari in fertirrigazione) con solfato di magnesio (MgSO4). Elevate concentrazioni possono ridurre l’assorbimento del calcio, si consiglia pertanto di effettuare eventuali apporti 3-4 settimane dopo la fioritura.
I sintomi della carenza di magnesio sono più specifici e compaiono sotto forma di aree clorotiche sulle foglie che possono diventare necrotiche, in particolare in suoli sciolti o in presenza di elevate dotazioni di potassio.
Concimazione tradizionale
La concimazione tradizionale dei meleti consiste nell’applicazione di fertilizzanti granulari al terreno generalmente rappresentati da concimi organici e/o minerali e/o organo-minerali.
La distribuzione dei concimi viene eseguita a spaglio con distribuzione su tutta la superficie del frutteto oppure può essere localizzata in corrispondenza dell’asse del filare. L’efficacia della distribuzione dei fertilizzanti sulla superficie del terreno è legata alla velocità con cui il fertilizzante raggiunge la zona di suolo occupata dagli apparati radicali degli alberi. L’efficienza di questa tecnica dipende quindi da particolari fattori come la solubilità in acqua del concime applicato, l’umidità del terreno, il verificarsi di piogge oppure l’uso di irrigazione in grado di poterlo veicolare i nutrienti verso le radici assorbenti e la densità di impianto.
Le dosi e i tempi di applicazione dei concimi granulari sono in funzione del nutriente da distribuire.
Per l’azoto sono previste 2-3 applicazioni, mentre per elementi come il P e il K, viene effettuato un unico intervento annuale.
L’apporto unitario del nutriente è quindi caratterizzato da dosi piuttosto alte che, in condizioni favorevoli, possono determinare concentrazioni eccessive dell’elemento e quindi “consumi di lusso” da parte della coltura e, nel caso dell’azoto, possono essere causa di perdite per dilavamento e conseguente inquinamento delle falde. Con la concimazione “tradizionale” non sempre si eseguono interventi coincidenti con le fasi di maggiore richiesta dell’elemento nutritivo.

Fertirrigazione
Con la fertirrigazione si forniscono gli elementi nutritivi necessari alle piante attraverso l’acqua d’irrigazione e presenta innumerevoli vantaggi rispetto alla concimazione tradizionale.
Essa rappresenta il sistema più adatto a una nutrizione mirata, specie quando si adottano portinnesti nanizzanti (M9) ed elevate densità d’impianto. Con questa tecnica è inoltre possibile l’acidificazione della soluzione fertilizzante attraverso l’uso di acidi inorganici, permettendo una temporanea riduzione del pH della soluzione del suolo e quindi aumentando la disponibilità di alcuni elementi altrimenti trattenuti dal terreno.
La fertirrigazione permette inoltre una maggiore flessibilità nella gestione della nutrizione del frutteto determinata dalla possibilità di intervenire con la massima tempestività a fronte delle reali esigenze nutritive delle piante in modo da sincronizzare le esigenze della pianta con la somministrazione di nutrienti.
La possibilità di poter frazionare l’applicazione dei diversi nutrienti permette di ridurre le inefficienze tipiche della concimazione tradizionale.

Tuttavia, la fertirrigazione è una tecnica i cui effetti benefici sono subordinati a un’attenta conoscenza di tutti i fattori che condizionano le caratteristiche vegeto-produttive del frutteto. Per evitare eccesso di salinità nel terreno i valori di conducibilità della soluzione erogata non devono superare i 1.400-1.800 microS/cm, in genere corrispondenti a una concentrazione del concime nell’acqua pari a circa 1-2 gr/lt.
Un altro aspetto importante è rappresentato dal pH della soluzione nutritiva erogata, che si deve mantenere al di sotto di pH 6,5 per evitare che si formino incrostazione da calcare che possono occludere i gocciolatori e quindi preservare la funzionalità dell’impianto. Valori ottimali sono compresi tra pH 5,5 e 6,5. Nel caso in cui sia necessario abbassare il pH della soluzione fertirrigata viene consigliato l’uso di acidi come il Nitrico o il Fosforico.
 

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