Le nuove varietà e gli ibridi di girasoli disponibili oggi sul mercato sono diversi e vengono suddivisi, in funzione della durata del ciclo colturale, in precoci, medi e tardivi. Il ciclo colturale può andare da un minimo di 85-90 gg, si può arrivare fino a 130-140 gg, (fino ad un massimo di 180 gg, per le vecchie popolazioni).
Durante il ciclo si possono distinguere le seguenti fasi: germinazione, emergenza, formazione delle foglie, differenziazione dei bottoni fiorali, crescita attiva, fioritura, formazione e riempimento del seme e maturazione.
Il girasole è una tipica pianta da rinnovo, è un’ottima coltura propedeutica al frumento. Ha un ciclo primaverile-estivo breve e lascia il terreno in buone condizioni di fertilità grazie agli abbondanti residui colturali.
Una volta sviluppata, ha una notevole capacità di soffocare le infestanti. Tra una coltura e l'altra è consigliabile lasciare un intervallo di 5-6 anni.
Al centro-sud è possibile impiegare il girasole come coltura intercalare (con irrigazione). Vista la limitata capacità di penetrazione delle radici, è necessaria una aratura (in genere in estate) a notevole profondità (40-50 cm) o una lavorazione a due strati con ripuntatura. Il terreno per il letto di semina nei primi 6-8 cm dovrà essere ben affinato.
In Italia la semina viene effettuata nella prima metà di aprile al Nord, verso la fine di marzo al Centro e non oltre la metà di marzo al Sud. La semina viene fatta a file distanti 60-70 cm, con seminatrice di precisione, curando la distanza di semina in modo da avere senza diradamento 4 piante a metro quadrato (4-6 kg/ha).
Il girasole risulta esigente in azoto, poco in fosforo e molto in potassio. Dopo la germinazione può rendersi utile una sarchiatura.
Per la lotta alle infestanti si ricorre generalmente al diserbo, che può essere anticipato (prima della semina), in presemina, in pre-emergenza o in post-emergenza.
Il momento ideale per la raccolta dei semi è tra la fine di agosto e l’inizio di settembre, quando le foglie basali sono secche.
Irrigazione
L’ampia diffusione del girasole nelle classiche aree elianticole dell’Italia centrale è dovuta alla grande capacità della pianta di valorizzare le limitate potenzialità produttive dei terreni di pianura e di collina privi di possibilità irrigue di quegli ambienti.
Nelle aree irrigue il girasole non è proponibile quale coltura irrigua a pieno soddisfacimento delle esigenze idriche, perché non competitivo con altre colture irrigue dotate di maggiore potenzialità produttiva e di reddito più elevato.
Il periodo di maggiore sensibilità del girasole allo stress idrico va dallo stadio in cui il capolino, ancora in forma di grosso bottone fiorale avvolto dalle brattee, si posiziona sopra il piano delle ultime foglie e la fine della fioritura, quando le ligule gialle dei fiori del raggio appassiscono. In questo periodo si completano i processi della fioritura e quelli fecondativi e di allegagione, che è quanto mai importante possano avvenire in condizioni di sufficiente disponibilità idrica. A tal fine l’irrigazione di soccorso deve essere effettuata nella prima fase di tale periodo, tra l’inizio del medesimo e l’apertura del capolino. Non vi è alcun vantaggio ad anticipare l’irrigazione prima della fase indicata; d’altra parte l’intervento non deve essere rimandato oltre l’inizio della fioritura, perché non solo avrebbe minore efficacia ma potrebbe disturbare impollinazione e fecondazione e favorire certi attacchi parassitari.