NUOVO REGOLAMENTO COMUNITARIO SULL'IMPIEGO DEI SOTTOPRODOTTI DI ORIGINE ANIMALE
Fertilizzanti organici: scampato pericolo?
Dopo tre anni di incertezza, la Comunità europea ha finalmente stabilitoun punto fermo nel settore dei sottoprodotti di origine animale, tra cui sono comprese moltissime materie prime indispensabili per la fabbricazione di concimi e ammendanti organici, utilizzati anche in agricoltura biologica.
Il notevole impatto sulla opinione pubblica che l'epidemia di BSE (Encefalopatia Spongiforme Bovina) ha provocato, anche con la segnalazione di alcuni casi della variante umana della malattia, di cui uno anche in Italia, ha sollecitato le autorità ad adottare misure di sorveglianza e controllo senza precedenti.
Le verifiche dell'efficacia dei provvedimenti presi hanno prodotto una quantità di informazioni tale da convincere le autorità comunitarie a pubblicare sulla GUCE L273 del 10 ottobre 2002 il regolamento 1774/2002, documento di 95 pagine che disciplina tutte le misure da intraprendere nella filiera dei sottoprodotti di origine animale (raccolta, trasporto, magazzinaggio, manipolazione, uso, eliminazione, immissione sul mercato, esportazione e transito) per scongiurare la diffusione di malattie trasmissibili, e in particolare la BSE.
Il regolamento, prescrivendo misure di sicurezza molto restrittive, dovrebbe scongiurare quei provvedimenti comunitari di limitazione di alcune tipologie di fertilizzanti organici, specialmente in agricoltura biologica, i cui spettri si sono alternati all'orizzonte durante gli ultimi due-tre anni.
Il provvedimento elenca una serie di misure sanitarie "di minima" che possono anche essere rese più restrittive dalle autorità nazionali, qualora se ne manifestasse la necessità.
Queste misure sono commisurate alla tipologia di materiale di partenza, che viene classificato in tre categorie, in base al suo potenziale infettivo, come dettagliato nelle tabelle 1, 2 e 3. Il materiale di categoria 1 è considerato a rischio elevato e può essere destinato solo allo smaltimento, il materiale di categoria 2 è di rischio intermedio e può anche essere utilizzato nella produzione di fertilizzanti, biogas o composte, per citare i principali utilizzi.
Il materiale di categoria 3 ha un rischio trascurabile e oltre agli utilizzi come fertilizzante, nella produzione di biogas e nel compostaggio può anche entrare, come materia prima, nel processo produttivo di mangimi per animali da compagnia.
Proseguendo nella filiera vengono poi descritti i requisiti che gli stabilimenti di trasformazione di questi materiali devono possedere per poter essere ufficialmente riconosciuti, che vanno dalle caratteristiche dei locali, alle dotazioni impiantistiche e soprattutto alla prassi igienica.
Vengono quindi puntualizzate tutte le caratteristiche dei derivati animali trasformati, sia quelli tipicamente appartenenti alla filiera "fertilizzanti" come le proteine animali trasformate, i prodotti sanguigni, proteine idrolizzate, fosfato bicalcico, stallatico e derivati, che quelli invece di utilizzo in altri settori, come le proteine animali trasformate, il latte e derivati, il siero, etc..
Infine il provvedimento disciplina gli scambi commerciali tra Paesi comunitari e non, che devono essere sempre accompagnati da appropriati attestati sanitari rilasciati da organismi ufficiali riconosciuti.
Tabella 1. Definizione dei materiali di categoria 1 (rischio infettivo elevato) e possibili utilizzi.
Tipologie |
Possibilità di utilizzo |
Animali o parti di infetti da TSE o sospettati tali |
|
Animali da compagnia, da giardino zoologico e da circo | |
Animali da esperimento | |
Animali selvatici potenzialmente infetti | |
Prodotti ottenuti da animali nutriti con sostanze vietate | |
Materiali di origine animale raccolti negli impianti che lavorano materiali di categoria 1 | |
Rifiuti alimentari provenienenti da tragitti internazionali | |
Miscele di materiali di categoria 1 con altri materiali di categoria 2 o 3 |
Tabella 2. Definizione dei materiali di categoria 2 (rischio moderato) e possibili utilizzi.
Tipologia |
Utilizzi possibili |
Stallatico e il contenuto del tubo digerente |
|
Materiali di origine animale provenienti dal trattamento delle acque reflue di macelli che trattano materiale non contaminato e altri scarti |
|
Prodotti di origine animale con residui di farmaci o contaminanti in quantità superiore a quelle consentite | |
Prodotti di origine animale non di categoria 1 importati da paesi terzi | |
Animali e parti di animali abbattuti non per macellazione, ad esempio per eradicare una epidemia | |
Altri materiali non considerati di categoria 1 o 3 o miscele di materiali di categoria 2 e 3 |
Tabella 3. Definizione dei materiali di categoria 3 (rischio trascurabile) e possibili utilizzi
Tipologia |
Utilizzi |
Parti di animali macellati idonee al consumo umano invendute; |
|
Parti di animali macellati dichiarate inidonee al consumo umano ma che non presentano segni di malattie trasmissibili all'uomo o agli animali e provenienti da carcasse idonee al consumo umano; | |
Pelli, zoccoli e corna, setole di suini e piume ottenuti da animali macellati in un macello considerati, idonei alla macellazione ai fini del consumo umano; | |
Sangue ottenuto da animali, esclusi i ruminanti, considerati idonei alla macellazione ai fini del consumo umano; | |
Sottoprodotti di origine animale ottenuti dalla fabbricazione di prodotti destinati al consumo umano, compresi i ciccioli e le ossa sgrassate; | |
Prodotti alimentari di origine animale o contenenti prodotti di origine animale, esclusi i rifiuti di cucina e ristorazione che, anche se lo erano originariamente, non sono più destinati al consumo umano per motivi commerciali o a causa di problemi di lavorazione o di difetti d'imballaggio o di qualsiasi altro difetto che non presentino alcun rischio per la salute umana o animale; | |
Latte crudo proveniente da animali che non presentano sintomi clinici di malattie trasmissibili all'uomo o agli animali attraverso tale prodotto; | |
Pesci o altri animali marini, ad eccezione dei mammiferi, catturati in alto mare e destinati alla produzione di farina di pesce; | |
Sottoprodotti freschi dei pesci provenienti da impianti che fabbricano prodotti a base di pesce destinati al consumo umano; | |
Gusci, sottoprodotti dei centri di incubazione e sottoprodotti ottenuti da uova incrinate provenienti da animali che non presentavano segni clinici di malattie trasmissibili all'uomo o agli animali attraverso tali prodotti; | |
Sangue, pelli, zoccoli, piume, lana, corna, peli e pellicce ottenuti da animali che non presentavano segni clinici di malattie trasmissibili all'uomo o agli animali attraverso tali prodotti; | |
Rifiuti di cucina e ristorazione non contemplati all'articolo 4, paragrafo 1, lettera e). |
Tabella 4. Parametri dei metodi di trasformazione dei derivati animali.
Tipologia di metodo |
Parametri |
Dimensioni delle particelle < 50 mm Temperatura al centro della massa: > 133 °C per almeno 20 minuti Trasformazione continua o discontinua | |
Dimensioni delle particelle < 150 mm Temperatura al centro della massa: > 100 °C per almeno 125 minuti poi > 110 °C per almeno 120 minuti poi > 120 °C per almeno 50 minuti- Trasformazione discontinua | |
Metodo 3 |
Dimensioni delle particelle < 30 mm Temperatura al centro della massa: > 100 °C per almeno 95 minuti poi > 110 °C per almeno 55 minuti poi > 120 °C per almeno 13 minuti- Trasformazione discontinua o continua |
Metodo 4 |
Dimensioni delle particelle < 30 mm Immissione in un recipiente con grasso Temperatura al centro della massa: > 100 °C per almeno 16 minuti poi > 110 °C per almeno 13 minuti poi > 120 °C per almeno 8 minuti poi > 130 °C per almeno 3 minuti. Trasformazione discontinua o continua |
Metodo 5 |
Dimensioni delle particelle < 20 mm Riscaldamento sino a coagulazione e pressatura per eliminare grasso e acqua dal materiale proteinico. Temperatura al centro della massa: > 80 °C per almeno 120 minuti poi > 100 °C per almeno 60 minuti. Trasformazione discontinua o continua |
Tabella 5. Riepilogo caratteristiche specifiche dei vari derivati animali.
Derivato |
Requisiti specifici |
Il processo produttivo prevede preparazione delle materie prime di categoria 3 mediante salatura in salamoia, calcinazione e lavaggio intensivo e deve essere seguito da: a) esposizione dei materiali a un pH superiore a 11 per più di 3 ore a una temperatura superiore a 80 °C e successivamente da un trattamento termico a una temperatura di oltre 140 °C per 30 minuti a una pressione maggiore di 3,6 bar; b) esposizione dei materiali a un pH compreso tra 1 e 2, poi a un pH superiore a 11, seguita da un trattamento termico a 140 °C per 30 minuti a una pressione di 3 bar; o c) un processo di produzione equivalente approvato dalla Comunità Europea. | |
Il fosfato bicalcico deve essere elaborato mediante un processo che: a) è atto a garantire che tutto il materiale osseo di categoria 3 sia finemente triturato e sgrassato con acqua calda e trattato con acido cloridrico diluito (a una concentrazione minima del 4 % e a un pH inferiore a 1,5) per un periodo di almeno due giorni; b) comporta poi un trattamento con calce della soluzione fosforica ottenuta, risultante nella formazione di un precipitato di fosfato bicalcico con pH compreso tra 4 e 7; e c) prevede infine che tale precipitato sia essiccato per 15 minuti con aria avente una temperatura d'ingresso da 270 a 325 °C e una temperatura di uscita compresa fra 60 e 65 °C; ovvero elaborato mediante un processo approvato dalla Comunità Europea. | |
A. S c amb i 1. a) Gli scambi di stallatico non trasformato ottenuto da specie diverse dai volatili da cortile e dagli equidi sono vietati, fatta eccezione per: i) lo stallatico proveniente da una zona non soggetta a restrizioni a causa di una malattia trasmissibile grave; e ii) lo stallatico destinato all'utilizzazione, sotto il controllo delle autorità competenti, sui terreni di una stessa azienda situata su entrambi i lati della frontiera di due Stati membri. b) Tuttavia, l'autorità competente può concedere specifica autorizzazione per l'introduzione nel proprio territorio: i) di stallatico destinato ad essere trasformato in un impianto tecnico o in un impianto di produzione di biogas o in un impianto di compostaggio riconosciuto dall'autorità competente in conformità del presente regolamento, per la fabbricazione dei prodotti di cui alla parte II; l'autorità competente deve tener conto dell'origine dello stallatico all'atto del riconoscimento di tali impianti; o ii) di stallatico destinato all'utilizzazione in un'azienda. Questo tipo di scambi può essere effettuato soltanto previo accordo delle autorità competenti degli Stati membri di origine e di destinazione. Nel valutare l'opportunità di concedere tale accordo le autorità competenti devono tener conto, in particolare, dell'origine dello stallatico, della sua destinazione e di considerazioni inerenti alla salute e alla sicurezza degli animali. Nei casi suddetti, lo stallatico deve essere accompagnato da un certificato sanitario. | |
5. Lo stallatico trasformato e i prodotti trasformati a base di stallatico sono immessi sul mercato alle seguenti condizioni: a) devono provenire da un impianto tecnico, da un impianto di produzione di biogas o da un impianto di compostaggio riconosciuto dall'autorità competente; b) devono essere stati sottoposti a trattamento termico a una temperatura minima di 70 °C per almeno 60 minuti o a un trattamento equivalente approvato dalla Comunità Europea; c) devono: i) essere esenti da salmonella (salmonella assente in 25 g di prodotto trasformato); ii) essere esenti da enterobacteriaceae (secondo la misura del tenore in germi aerobi: < 1000 CFU per g di prodotto trattato); e iii) essere stati sottoposti a riduzione della sporulazione e della tossinogenesi; e d) devono essere immagazzinati in modo tale da rendere impossibile la contaminazione o l'infezione secondaria e l'umidificazione dopo la trasformazione. Devono pertanto essere immagazzinati: i) in silos ben chiusi e ben isolati; o ii) in imballaggi ben chiusi (sacchi di plastica o "big bag"). |