2023
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Distillato di legno, gli effetti su favino in pieno campo

Intervista a Michelangelo Becagli dell'Università di Pisa che fa parte del gruppo di ricerca di Roberto Cardelli, il quale ha valutato l'effetto biostimolante di questo prodotto in un lavoro appena pubblicato sulla rivista scientifica Plants

Distillato di legno, gli effetti su favino in pieno campo - le news di Fertilgest sui fertilizzanti

Una pianta di favino fiorita. Uno studio ha valutato gli effetti del distillato di legno come biostimolante su questa coltura (Foto di archivio)

Fonte immagine: © Patrik Stedrak - Adobe Stock

Continua l'interesse per il distillato di legno del gruppo di ricerca di Chimica del Suolo del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agroambientali dell'Università di Pisa.

 

Un prodotto che possiamo definire nuovo, ottenuto tramite un trattamento termico del legno o dalla sua combustione in un ambiente povero di ossigeno, che sta venendo usato sia come antiparassitario, che come antiossidante o biostimolante.

 

Dopo le prove effettuate per valutarne l'azione sulla fertilità del suolo e sulla crescita del basilico, in un nuovo lavoro è stata verificata la sua efficacia come stimolante su favino, una coltura da foraggio e granella coltivata in pieno campo, usandolo sia in concimazione fogliare, sia in soluzione liquida aggiunta al terreno.

 

Per farci spiegare cosa è stato fatto e cosa è stato ottenuto abbiamo intervistato Michelangelo Becagli, che ha partecipato alla sperimentazione e alla pubblicazione dei risultati sulla rivista scientifica Plants.

 

Dottor Becagli, come avete condotto questa prova?
"Dopo gli studi che abbiamo effettuato in laboratorio e in ambiente controllato negli scorsi anni, abbiamo deciso di effettuare una prima prova preliminare in ambito agronomico. Per questo, con il prezioso contributo della professoressa Iduna Arduini dell'Università di Pisa, abbiamo condotto 2 sperimentazioni in cui abbiamo studiato l'applicazione del distillato di legno diluito in acqua sia direttamente al suolo, sia come trattamento aereo fogliare.

 

Una prima prova è stata effettuata in vaso, per valutare l'effetto del distillato sullo sviluppo dei i rizobi all'interno delle radici del favino e sulle caratteristiche morfologiche della pianta; la seconda sperimentazione, in pieno campo, ha visto l'allestimento di parcelle sperimentali di 25 metri quadrati, in cui sono state coltivate piante di favino che sono state oggetto dei trattamenti (singoli e combinati tra loro) dallo stadio fenologico di 3° - 5° foglia vera fino alla fase di piena fioritura.

 

Nella prova in campo abbiamo analizzato, tramite periodici campionamenti, i parametri legati alla sostanza organica del suolo, alle attività microbiche e agli elementi di fertilità e nutrizione della coltura. Inoltre, abbiamo monitorato l'accrescimento delle piante, lo stato nutrizionale e i tratti botanici ai fini di valutarne le performance agronomiche".

 

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Michelangelo Becagli dell'Università di Pisa

(Fonte foto: Università di Pisa)

 

Perché avete scelto come coltura il favino?
"La scelta è ricaduta sul favino in quanto specie ampiamente coltivata nella nostra Regione per la produzione di alimenti animali ad elevato contenuto proteico e per il miglioramento della fertilità dei suoli in rotazione o consociazione anche con colture di pregio per la nostra Regione, quale la vite e l'olivo.

 

Il gruppo di ricerca della professoressa Iduna Arduini, da anni, studia le interazioni tra specie coltivate botanicamente diverse (ad esempio intercropping cereali leguminose) e tra simbionti e leguminose sulla base della tecnica colturale. Le competenze acquisite ci hanno permesso di progettare il disegno sperimentale tenendo conto delle variabili che possono esistere in ambienti diversi (vaso e pieno campo) e delle analisi botaniche e agronomiche da dover effettuare.

 

Inoltre, il favino sta sempre più assumendo un'elevata importanza strategica tra le leguminose da granella coltivabili nell'areale del mediterraneo; è una specie che si adatta molto bene a situazioni pedoclimatiche particolarmente avverse e variabili, ma presenta anche una latente potenzialità produttiva che potrebbe essere, invece, sollecitata tramite i trattamenti biostimolanti".

 

Che dosi sono state utilizzate?
"In accordo con la BioEsperia Srl, l'azienda produttrice del distillato di legno che abbiamo coinvolto nella sperimentazione, le dosi che abbiamo applicato sono 1:300 (0,3% in volume) per i trattamenti al suolo e 1:500 (0,2% in volume) per quelli aerei. In pratica abbiamo utilizzato un irrigatore per i trattamenti al suolo, in cui abbiamo applicato 75 millilitri di distillato in 25 litri d'acqua. Per i trattamenti aerei, tramite una irroratrice a spalla, abbiamo somministrato 8 millilitri di prodotto in 4 litri di volume. Tutti questi trattamenti sono stati effettuati ogni 10 giorni (andamento climatico permettendo), da febbraio a maggio, per un totale di 10 applicazioni".

 

Quali sono stati i risultati principali?
"Per quanto concerne la prova in vaso, abbiamo potuto appurare che il trattamento al suolo da noi effettuato non ha influenzato negativamente la simbiosi tra piante di favino e rizobi. Questo effetto potrebbe sembrare di scarso valore ma è, invece, di fondamentale importanza in quanto denota che la diluizione del trattamento applicata in campo non è tossica per i microrganismi simbionti che sono fondamentali per le leguminose.

 

Per quanto riguarda, invece, i risultati della prova in campo, possiamo affermare che, in questo caso, il distillato di legno dato al suolo incrementa la disponibilità di sostanze nutritive sia per i microrganismi del terreno sia per la nutrizione vegetale. È stato infatti riscontrato un incremento della biomassa microbica di circa il 10% e una maggiore disponibilità di azoto nitrico (+ 60% circa) e di fosforo assimilabile (+ 30% circa).

 

La maggiore biodisponibilità si è tradotta in una maggiore concentrazione di questi elementi nei tessuti vegetali. Questa influenza può essere riconducibile all'incremento delle attività enzimatiche del terreno legate ai cicli di azoro e fosforo e alla natura acida del distillato di legno che solubilizza le fonti di fosforo non disponibili per le piante.

 

Per quanto riguarda invece le analisi effettuate sulla pianta, abbiamo riscontrato che i trattamenti hanno migliorato il contenuto in clorofilla delle foglie e hanno incrementato il numero di nodi fertili per stelo; ciò si è tradotto in piante con steli di altezza più ridotta e con un più elevato numero di fiori fertili, esprimendosi in una maggiore potenzialità della coltura per la produzione di seme. Sebbene non abbiamo effettuato analisi specifiche di tipo entomologico e fitopatologico, questo effetto potrebbe essere dato dalla capacità del distillato di legno di influenzare negativamente le interazioni ospite/parassita o ospite/patogeno (come si evince anche dalla letteratura scientifica già presente in materia). Sono necessarie ulteriori ricerche per confermare questi risultati in altre condizioni ambientali e per approfondire l'effetto diretto del distillato di legno sulla biologia fiorale".

 

Si può pensare che abbia effetti positivi anche su altre leguminose da granella?
"Dati ancora i pochi studi sull’argomento, quelli che si riscontrano danno risultati positivi. Su cece, per esempio, uno studio del gruppo di ricerca del professore Stefano Loppi dell'Università di Siena, pubblicato recentemente sulla rivista Annals of Applied Biology, riporta che i trattamenti fogliari con distillato di legno sulla coltura hanno stimolato un miglioramento della pezzatura e del peso della granella e una maggiore qualità del prodotto finale per quanto riguarda il contenuto proteico, i polifenoli e il potere antiossidante".

 

Dal momento che il distillato di legno è in commercio e tecnicamente già utilizzabile in campo, quali sono i costi per la somministrazione del prodotto durante l'intero ciclo colturale del favino?

"In questo primo studio in pieno campo (ma già lo riscontrammo su basilico), abbiamo visto che il distillato di legno rende maggiormente disponibili alcuni elementi di fertilità. Questo effetto, quindi, può essere preso in considerazione dall'agricoltore nella stesura del piano di concimazione. Guardando al protocollo di somministrazione specifico per il favino, che considera una serie di valutazioni tecnico/economiche effettuate dell'azienda produttrice del distillato, il costo per i trattamenti aerei si aggira intorno agli 80 euro di prodotto per ettaro. Questo può salire a circa 400 euro, se viene combinato con i trattamenti in fertirrigazione".

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